mercoledì 21 settembre 2011

festival di Venezia

Oggi ho trovato questo articolo di Odifreddi che mi é sembrato molto interessante, anche perché si collega al momento degrado di vario tipo che stanno vivendo ini-taglia.

Volevo condividerlo su questo blog che ormai puzza di decomposizione, soprattutto per colpa del mio co-tenutario di bordello (a proposito dell’articolo che segue) che da quando é emigrato nei paesi baschi diserta su toda la linea.

Tenere una conferenza di filosofia al Festival del Cinema di Venezia, come mi è capitato di fare nel weekend, equivale ad andare a parlare di castità in un bordello. E non si tratta di una metafora, perchè l’impressione che si ha curiosando sulla terrazza dell’Hotel Excelsior, è che la maggioranza delle esibizioniste e degli esibizionisti che vi si mettono in mostra sia effettivamente costituita da prostitute e protettori.

Fuori dell’Hotel si trova il famoso “tappeto rosso”, sul quale sfilano esibizioniste ed esibizionisti di un altro genere, e attorno al quale si accalcano le folle dei fotografi e dei fan. A impressionare qui non è la totale mancanza di morale, ma la completa assenza di intelligenza: invece che in un bordello, infatti, sembra di essere finiti in un manicomio, o alla sezione del Cottolengo per i minorati mentali.

Per quale motivo la gente “normale” dovrebbe esaltarsi alla messa in scena commerciale della messa in scena cinematografica, soprattutto in momenti di grave crisi economica, è uno dei misteri dell’umanità. Se le cose andassero come devono, anzitutto ovviamente non ci troveremmo nella congiuntura in cui ci troviamo. E poi, a Venezia (o a Roma) scenderebbero in forza folle inferocite, a inseguire i divi non per un autografo, ma per una bella bastonata.

E invece, scendono in folla giovani e vecchi inebetiti, alla caccia disperata di biglietti per poter presenziare alla prima dei film che si potranno comodamente vedere tra un paio di settimane in qualunque sala cinematografica. In subordine, o in superordine, la stessa folla spera di poter cogliere dal vivo la mirabile visione delle loro dive o dei loro divi preferiti. Le quali e i quali sono appunti lì a pavoneggiarsi, visto che altro in fondo non sanno fare, dentro e fuori le pellicole cinematografiche.

La conferma viene dalle conferenze stampa, nelle quali decine di giornalisti pongono loro sempre le stesse domande, indipendentemente dai film e dagli interpreti: Qual è il suo personaggio? Cosa ha provato a interpretarlo? E a recitare insieme agli altri interpreti? E a lavorare col regista? E, naturalmente, ricevono sempre le stesse risposte: Per me è stata un’esperienza straordinaria. Non avrei mai immaginato di poter recitare con questo o quella. Regista e interpreti sono i più grandi con cui mi sia mai capitato di lavorare.

Sì, dicono proprio così: lavorare! E i media non riversano loro addosso improperi e bestemmie, ma servizi in technicolor o multisound, come se si trattasse di premi Nobel che hanno scoperto la materia oscura o la cura per il cancro. Ecco, questo sarebbe il momento buono per il ministro Brunetta di andare nella sua città, presentarsi al Lido e dire al volgo e all’inclita, per una volta con ragione: “Siete l’Italia peggiore”. Se lo facesse, sarei pure disposto a votarlo come sindaco: anche perchè, ovviamente, non sarebbe Brunetta.